Lunedì 16 giugno 2025

'Beni strumentali di valore inferiore a 516,46': un conto da eliminare da tutte le contabilità ordinarie

a cura di: Dott. Danilo Sciuto
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'Beni strumentali di valore inferiore a 516,46': un conto da eliminare da tutte le contabilità ordinarie

In periodo di bilanci, ci soffermiamo a trattare un aspetto contabile tanto vecchio quanto inosservato.

Partiamo da un dato di fatto: sin dalla introduzione del Bilancio Cee (ossia da circa trent’anni) la contabilità va tenuta in base ai criteri civilistici, non in base a quelli fiscali. Questa dovrebbe essere vista come un'affermazione banale, ma purtroppo non lo è; lo dimostra la realtà dei fatti, nella misura in cui nei piani dei conti utilizzati nelle contabilità troviamo conti con intestazioni che rinviano al Fisco: tra tutti, il conto “costi indeducibili” oppure - arrivando all’oggetto del presente contributo - “beni strumentali del valore inferiore a euro 516,46”. 

Se il principio suddetto (la contabilità va tenuta con criteri civilistici) è vero, un conto del genere (beni strumentali del valore inferiore a euro 516,46) non può esistere nella contabilità. Infatti, la norma che permette l'ammortamento c.d. “integrale” (cioè al 100%) di siffatti beni materiali ammortizzabili è una norma fiscale (art. 102 co 5 Tuir), mentre nella normativa civilistica non c'è alcuna traccia di norma che lo autorizzi. 

Delle due l'una, infatti: 

  • o un bene è ammortizzabile e quindi va ammortizzato in base alla residua possibilità di utilizzo (OIC16), 
  • oppure, se è un bene che esplica la sua utilità tutta nell'anno, non si può definire bene ammortizzabile (sarebbe una contraddizione in termini) ma un bene “merce” (iscrivibile, piuttosto, al conto “acquisti vari per beni”).

Pertanto, il conto “beni strumentali del valore inferiore a euro 516,46” non può essere utilizzato, e se utilizzato va epilogato nella voce del bilancio B6 e non già B10b) (ammortamento dei beni materiali) perché in quest’ultima voce vanno le quote di ammortamento e quindi le quote di un costo che viene ripartito in più anni, e non in uno soltanto.

Tutto questo, ovviamente, non significa che l’articolo 102 co 5 citato non possa essere utilizzato, bensì che va utilizzato in ossequio ai principi contabili.

Poiché, come detto, i costi per beni ammortizzabili per definizione non possono essere imputati tutti in un esercizio, le operazioni da fare qualora volessi fruire di tale norma fiscale sono le seguenti (ipotizziamo ovviamente una contabilità di società di capitale):

- ammortizzare in base all’aliquota prevista per la tipologia del bene, ad es., il 20%;

- operare in dichiarazione una variazione temporanea in diminuzione per l’80%;

- rilevare la fiscalità differita (IRES/IRAP su quell’80%); 

- dal secondo esercizio in poi, quando andrò ad ammortizzare le altre quote del 20%, dovrò rilevare la variazione temporanea in aumento e corrispondentemente stornare la quota fiscalità differita (IRES/IRAP sul 20%).

Questo, si badi bene, è l’unico modo legittimo per fruire dell’ammortamento integrale e rispettare i principi contabili che reggono il bilancio.

Diversamente, come detto, occorrerà trattare quel bene non come bene strumentale, ma come costo ordinario, e per far questo occorrerà epilogare il conto “beni strumentali del valore inferiore a euro 516,46” alla voce B6; poiché però nei nostri software, purtroppo, questa operazione non è possibile, in quanto la voce in commento viene chiusa alla voce “ammortamenti” ossia B10b) del conto economico di bilancio, occorrerà stornare il conto suddetto ad un conto “acquisti vari per beni”, in sede di assestamenti, che verrà epilogato alla voce B6 del conto economico di bilancio.

Un’operazione di disinquinamento fiscale (per usare un termine noto) che gioverebbe tra l’altro al lavoro di chi è deputato a redigere i bilanci, e ancora di più a chi deve effettuare la revisione contabile degli stessi.

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    In particolare è prevista l’applicazione di una imposta sostitutiva dell’8% (10,5% se le società sono risultate NON operative nei tre esercizi precedenti) sulla eventuale plusvalenza risultante dalla differenza tra il valore normale, in ipotesi di assegnazione, o il prezzo di cessione, in ipotesi di cessione, e il costo fiscalmente riconosciuto dei beni assegnati/ceduti, con la particolarità che in caso di assegnazione il valore normale per i beni immobili può essere, alternativamente al valore normale ex art. 9 del TUIR, assunto pari al “valore catastale” applicando alla rendita catastale i moltiplicatori previsti ai fini dell’imposta di registro. In caso di cessione il corrispettivo, se inferiore al valore normale, determinato alternativamente ex art. 9 TUIR o in base al “valore catastale”, dovrà essere computato in misura non inferiore al valore normale stesso.
    Altro vantaggio dell’operazione consiste nel fatto che, in caso di applicazione di imposta di registro proporzionale le aliquote applicate siano ridotte della metà.

    a cura di: Studio Meli e Studio Manuali

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